Torna la nostra rubrica dedicata ai giocatori celebri che hanno vestito la gloriosa maglia biancorossa! Facciamo qualche passo indietro nel tempo, precisamente nella stagione 1975-76. Renato Luchitta, centrocampista di 28 anni originario del Friuli con alle spalle molti anni di Serie A e Serie B, viene ingaggiato a sorpresa dal Presidente “Vulcano” Bianchi. Rimarrà in biancorosso 8 stagioni, disputando 233 partite e segnando 23 reti in campionato tra Serie D, Serie C e Serie C1. Abbiamo incontrato e intervistato Renato, che si è reso disponibile a raccontarci la sua indelebile esperienza con la maglia del Forlì, un’esperienza che lo ha reso una delle colonne portanti della storia di questa società, un vero protagonista del nostro centenario.
Buongiorno Renato, e bentornato allo Stadio Morgagni. I tifosi “storici” del Forlì si ricordano di te come un grandissimo giocatore, alcuni affermano “di un’altra categoria”. Qual’ è stato il tuo percorso prima di arrivare a Forlì? “Devo ammettere di essere molto emozionato nel rivedere da vicino lo Stadio Tullo Morgagni, mi vengono in mente ricordi bellissimi. Prima di arrivare qui, però, feci molta strada lontano da casa. La mia prima esperienza avvenne alla Sangiorgina, dove a 16 anni mi allenavo già con la prima squadra. Non potevo ancora scendere in campo coi grandi, così l’allenatore Fedele Greco mi segnalò al Bologna. Li giocai con la squadra Primavera, e in quella stagione vincemmo tutto: segnai addirittura il goal decisivo contro la Fiorentina, nella finale del Torneo di Viareggio. Era il 1967. A Bologna ebbi anche l’opportunità di giocare il campionato De Martino, che era un campionato riserve. In prima squadra c’erano giocatori come Pascutti, Haller e Bulgarelli: si trattava del più forte Bologna di tutti i tempi, e potermi allenare con loro era fantastico. L’anno dopo mi mandarono a Crotone a farmi le ossa, ma purtroppo non fu una buona esperienza per me. L’anno seguente andai in prestito a San Giovanni Valdarno, dove feci un campionato eccezionale segnando 8 goal da centrocampista. Anche il Torino si era interessato a me in quel periodo, ma le società non riuscirono a trovare un accordo. Il mio primo avvicinamento alla Romagna e a Forlì avvenne quando andai all’ Imolese, dove giocai due stagioni eccezionali con mister Pantani di Cesena. Attirai l’attenzione del presidente della squadra bianconera, Dino Manuzzi, che un giorno venne a vedere una partita a Imola. Il Cesena nel 1971 prese Radice come allenatore, e il presidente gli disse che mi avrebbe preso in prova. Durante quella stagione in Serie B giocai quasi tutte le partite, e non siamo andati in Serie A per un solo punto. L’anno successivo mi prese la Ternana, anche se la mia volontà era quella di rimanere in bianconero. A Terni trovai Corrado Viciani, famoso per il suo “gioco corto”, che mi volle a tutti costi. Dopo la retrocessione del primo anno, riconquistammo la Serie A la stagione seguente. Poi andai alla Spal, e infine, finalmente, arrivò il Forlì”.
Come è avvenuto il tuo trasferimento qui, dal momento che il Forlì si trovava in Serie D, mentre tu avevi militato fino a quel momento in Serie A e B? “Nel ’75 mi ritrovai ai margini della squadra emiliana, così chiesi al Forlì di potermi allenare con loro. Ricordo che agli allenamenti i tifosi chiedevano al Presidente Bianchi di tesserarmi a tutti i costi: c’era molto entusiasmo tra i tifosi. Alla fine Vulcano mi convinse a rimanere, nonostante l’interessamento del Parma, e così firmai. Rifarei questa scelta altre 100 volte!”
Che ricordi hai del tuo Forlì? “Arrivai a Forlì 28 anni, e ci rimasi fino ai 36. Divenni una bandiera della squadra, ed è normale che sia legato a questa città in maniera indissolubile. Di tutte le belle stagioni passate qui, ricordo la stagione 1979-1980, dove con Cinesinho in panchina, non andammo in B per un soffio. Di quella stagione non posso dimenticare una vittoria per 4-3 contro il Rimini, in una fantastica partita giocata sotto il diluvio. La squadra giocava un grande calcio e ci trovavamo sempre in posizioni di alta classifica. Quando si usciva dagli spogliatoi dopo una partita, il pubblico aspettava e ci dimostrava tutto il suo affetto. Mi sono tolto tante belle soddisfazioni, e sono fiero di aver vestito la maglia biancorossa a lungo”.
Hai un ricordo particolare di qualche personalità di Forlì? “Certamente. il Presidente Giovanni Bianchi era una persona eccezionale. Per lui il calcio era tutto ed era molto abile nello scovare giovani talenti da fare esordire nel Forlì. Ero legato poi a Bibo Bazzocchi e Pino Gavelli, che erano all’interno della società, e in generale a tutti i miei compagni di squadra con cui ho avuto la fortuna di condividere lo spogliatoio e il rettangolo verde”.
Qual’ è stato il tuo goal più bello segnato allo Stadio Morgagni? “Senza dubbio il goal del 2 a 0 segnato a 10 minuti dalla fine contro la Maceratese. Era il 22 maggio del 1977, e con un tiro a giro da fuori area insaccai la rete della porta alla sinistra della tribuna del Morgagni. Da quel momento in poi, ricordo solo i festeggiamenti per la promozione in Serie C!”
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